domenica 8 febbraio 2015

TENTANDO DI TRADURRE L'INFINITO.

Il XII dei Canti di Giacomo Leopardi.


Di Schüler, Di paure e speranza (Genesi 2), 2005.
Acrilico su tela di 50 x 50 cm. Collezione privata.


















The Infinite

Always dear to me was this lonely hill,
and this hedge, which of the last horizon
so vast part from my glance excludes.
But sitting and gazing, unending
spaces beyond that, and superhuman
silences, and the deepest quiet,
I pretend in my thought; where is near
the heart to fear. And as the wind
I hear rustling through these trees , that
infinite silence to this voice
I do compare: and comes to me the eternal
and the dead seasons, and the present
and alive one, and the sound of her. So
drowns my thought in this immensity:
and sweet to me is sinking in this sea



L'originale è qui sotto




L’Infinito

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare.



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