giovedì 6 novembre 2014

I FEROCI CASTRATORI DI BABIC'




I nomi composti, come i modi di dire, sono preziosissimi giacimenti di parole altrimenti dimenticate. Uno dei primi che abbia attratto la mia attenzione, tra quelli presenti nella lingua dei miei nonni alto-valtellinesi è stato sana-babic'; un'ingiuria, ma non tra le più terribili, che potremmo all'incirca tradurre con l'ormai pan-italico “minchione”.  Pochi dubbi sul significato della prima delle due parole che lo compongono. Sanar, in quell'idioma, significa né più né meno che castrare. L'offesa, dunque, doveva essere suppergiù costruita come il soprannome che fu di Castruccio, il più glorioso tra gli Antelminelli, nobili ghibellini e lucchesi; insomma, come castra-cani.

Si trattava solo di capire che animale indicasse l'ormai dimenticata parola babic', che,  con quella consonante finale palatalizzata, doveva essere tra le poche a noi arrivate dalle lingue slave. Ho indirizzato le mie ricerche in quella direzione e ho scoperto, però, che non usavano babic' per dire un qualche animale, né i russi, né i cechi, né i polacchi … . Babic' era piuttosto un cognome, peraltro assai diffuso proprio nella ex Jugoslavia. Il suo significato originale? Da baba, donna anziana,  doveva essere all'incirca: figlio della vecchia. No, non ero sulla pista giusta. Castratore di figli di signore serbo-croate un po' ageé era decisamente troppo anche per dei rudi montanari come i miei antenati.Alla prima occasione, ho deciso di compiere indagini sul campo. Risalito al paese per un fine settimana, ho chiesto a tutti gli anziani che ho incontrato se avessero mai sentito usare, da sola, la parola babic'. Niente. Solo un ottantenne mi disse che gli sembrava d'averla udita in bocca a qualcuno della Svizzera Interna, o forse del Tirolo, per dire capretto, se non agnello o addirittura maialino. Non che ne fosse proprio sicuro, però.
Insomma, ne sapevo quanto prima.

E ho continuato a non saperne niente fino a qualche anno dopo, quando mi è capitato tra le mani il volume Etimologia e lessico dialettale, curato dal Centro di Studi per  la Dialettologia Italiana del CNR. Vi era contenuto anche un articolo di Giovanni Pietrolini dedicato ad uno studio compiuto negli anni settanta da Hugo Plomenteux sui dialetti della Liguria Orientale e in particolare della Val Gravaglia. Tra le parole che gli emigrati di ritorno dall'America hanno portato in quelle zone vi era  anche sanababicu, vale a dire il mortale insulto anglosassone son of a bitch (figlio di una cagna) pronunciato con accento ligure. Lo so, voi ci siete arrivati subito, o al più tardi quando avete letto America, ma io, da dove arrivasse il maledetto babic' l'ho capito solo dopo essermi trovato davanti quella pagina.  Di che sorridere della mia ingenuità e sentirmi contemporaneamente, con perfetta concordanza tra la mie identità nazionale e locale, un minchione italiano e un sanababic' valtellinese.





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