giovedì 30 ottobre 2014

BALLOTTE, BALOTI, BELLOTAS E ALTRE ROTONDITÀ





Grazie a Macek Zini, ho scoperto che in Toscana le castagne lesse si chiamano ballotte, un termine molto prossimo al beloti di certi dialetti lombardi e allo spagnolo bellotas che, però, indica le ghiande della quercia.  Non ci è voluto molto a scoprire, semplicemente consultando i dizionari, 


che all'origine di tutti questi nomi c'è la stessa parola greca “balanoté”, e, ricordando come il castagno sia un albero arrivato a noi dal Mediterraneo Orientale, non necessariamente (a orecchio mi sentirei anzi di escluderlo) dopo il passaggio attraverso il latino balanus, nome di un particolare tipo di castagne, ma pure usato, in certe zone dell'Impero, per indicare le ghiande.

Risalendo più indietro nel tempo, mi pare probabile che all'origine di tutto vi sia la radice proto-indoeuropea *bhel, che ritroviamo nelle lingue moderne in termini che hanno a che vedere con il soffiare o il gonfiare, come gli italiani bolla e palla.Una curiosità: tra gli esiti di balanus c'è anche lo spagnolo balano che, secondo il Dizionario della Real Accademia della Lingua Spagnola, indica “la cabeza del miembro viril”.
Solo casuale, invece, pare sia la corrispondenza con Belote, come è chiamato un gioco di carte, che Mario C. mi ha detto essere assai diffuso a Tivoli e in Sardegna, che si ritiene derivi, invece, dal nome personale francese Belot.

Le caldarroste, dovrebbero essere il simbolo gastronomico di noi italiano. Al nord per tradizione si mangiava tanta polenta, mentre  spaghetti e maccheroni erano solo del sud, ma le castagne, che pure gli anglosassoni quasi considerano inadatte all'alimentazione umana, le mangiavamo proprio tutti, dalle Alpi all'Aspromonte.

Le castagne erano tanto importanti nella dieta dei popoli alpini, prima che arrivassero il mais e le patate, che dalle mie parti il castagno si chiama arbul; vale a dire che era l'albero per antonomasia.

Vi pare triste dover sopravvivere all'inverno mangiando caldarroste? Beh, ricordando che nelle lingue germaniche, celtiche e slave, e nello stesso greco, è l'indoeuropeo deru, quercia, che è passato a significare albero in generale, ci si può consolare: i nostri antenati, perlomeno, non dovevano vivere di ghiande.


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